Giuliano Briganti

Antonio Canova

Possagno 1757 – Venezia 1822

Figura maschile panneggiata; figure piangenti

Matita su carta, mm. 230x165
A destra, data a matita “7 7mbre 1798” di mano dell’artista
 
In basso, scritta a matita ripassata a inchiostro “Given to me by Monsignor Medici Spada Rome (..) May 1830”
 
Lungo il margine destro del foglio, su due righe, scritta a matita ripassata a inchiostro “Questo disegno è di Antonio Canova ed è tolto dall’album/di sua mano da me posseduto. LDM Spada”
 
Esposizioni: Collezionando I. Master Drawings. N. 14. Damiano Lapiccirella – Francesca Antonacci Fine Art. Paris, Salon du Dessin, 28 marzo – 2 aprile 2012.
 
Bibliografia: F. Mazzocca, in Collezionando I. Master Drawings. Damiano Lapiccirella – Francesca Antonacci Fine Art. Paris, Salon du Dessin, 28 marzo – 2 aprile 2012. Catalogo della mostra, n. 14.
 
Le iscrizioni apposte in margine al foglio ne attestano la provenienza dalla raccolta di Monsignor Lavinio de’ Medici Spada (Macerata 1801 – Firenze 1864) e più precisamente dall’album da lui posseduto, ora conservato nella Biblioteca Comunale di Cagli.
 
Pubblicato per la prima volta da Hans Ost nel 1970 (Ein skizzenbuch Antonio Canovas (1796-1799), Tubinga 1970), è stato esposto dopo il restauro e nuovamente analizzato da Stefano Papetti in occasione della mostra tenuta a Recanati nel 1998 (Il taccuino canoviano di Cagli, in Il Tempo del Bello: Leopardi e il Neoclassico tra le Marche e Roma. Catalogo della mostra a cura di Costanza Costanzi, Marina Massa, Stefano Papetti, Venezia 1998, pp. 94-132).
 
La storia del volume è facilmente ricostruibile grazie alla dedica vergata sul frontespizio e alle note di provenienza al retro che ne registrano il dono da parte di Domenico Manera, cugino ed erede del Canova, allo scultore Cincinnato Baruzzi, entrato nello studio dell’artista nel 1819 e incaricato di portare a termine alcune sue opere incompiute. Nell’aprile 1830 Baruzzi, rientrato a Bologna e titolare della cattedra di Scultura all’Accademia, lo regalò a Monsignor Spada, legato papale a Ravenna, ricordandolo nella dedica come suo “particolarissimo Mecenate”. Entrato nella biblioteca di Cagli nel 1844, il taccuino fu catalogato e descritto come composto da 44 mezzi fogli piegati e numerati progressivamente, e da 13 mezzi fogli staccati e numerati, come tuttora si presenta.
 
Il fatto che alcuni dei quinterni di cui il taccuino è composto siano incompleti lascia supporre che un certo numero di fogli sia stato asportato prima che fosse rilegato: tra questi, oltre al nostro disegno, un foglio in asta da Sotheby’s (Londra, 3 luglio 1989, n. 126) che, come questo, presenta su due righe parallele al margine destro la seguente iscrizione (di mano diversa): “Questa pagina è tolta dal libretto di Memorie di Antonio Canova da me posseduto, e fu da me offerto all’incomparabile Mme Eyrard. Roma 12 Marzo 1831. Lav. DM Spada”.
 
Da notare, infine, che le dimensioni di questo foglio (mm. 230x167) coincidono quasi perfettamente con le nostre mentre le pagine del taccuino di Cagli misurano mm. 240x145.
 
Per quel che riguarda il soggetto, essenzialmente uno studio del panneggio indossato da una figura maschile eretta, il disegno della collezione Briganti si accosta a un certo numero di fogli del taccuino di Cagli (in particolare i fogli numerati da 4 a 9,  datati dal 20 al 26 aprile 1797) e trova confronto soprattutto nei disegni del taccuino C. I del Museo Civico di Bassano, intitolato appunto “Studi di pieghe d’uomini”, composto da 56 fogli per un totale di 225 disegni datati tra il 1791 e il 1800.
 
Ricordato da Francesco Milizia nella “voce” del Dizionario (1797) dedicata al Panneggiamento come restauratore del “buon gusto” dopo gli eccessi barocchi, Canova si dedicò infatti in maniera instancabile allo studio delle pieghe disposte secondo “il carattere e moto della figura” (Milizia) lavorando in studio da modelli viventi e da manichini, senza dimenticare ovviamente la scultura classica. A questo intento rimandano infatti, nei fogli citati e nel nostro disegno, lo studio delle pieghe, delle ombre e dei risalti luminosi che, assai più di qualunque soggetto di ispirazione letteraria o mitologica, costituiscono il vero tema dell’esercizio.
 
La data del nostro disegno, settembre 1798, rimanda naturalmente al periodo di gestazione della tomba di Maria Cristina di Asburgo Lorena, commissionata dal marito Alberto di Sassonia nell’agosto di quell’anno, quando Canova si trovava appunto a Vienna al seguito del principe Abbondio Rezzonico, e definitivamente compiuta nel 1805 (Giuseppe Pavanello, “Dentro l’urne confortate di pianto”: Antonio Canova e il monumento funerario di Maria Cristina d’Austria, Verona 2012).
 
A questo periodo, e in particolare all’impegno di tradurre in narrazione i contenuti allegorici richiesti dall’augusto committente, risale un foglio del citato taccuino bassanese (C.I.173.245) in qualche modo confrontabile col nostro: ritrae infatti una figura maschile avvolta nelle pieghe del mantello che incede appoggiandosi a una figura femminile appena accennata. Si tratta  forse di Belisario, il generale reso cieco e ridotto a mendicare accompagnato da una fanciulla che, nel contesto dell’apparato funerario ideato da Canova,  sarebbe stata una personificazione della Carità: una soluzione poi scartata nella realizzazione della tomba viennese, ma a cui si richiama forse anche il disegno della collezione Briganti, in cui il tema funerario è suggerito dalle figure piangenti appena accennate a sinistra.
 
Ludovica Trezzani